Un baule, un teatrino e Laura Poli.
La vita mi ha portato a recitare per i bambini.
Sono entrata a far parte, ventenne, della famiglia Poli, diventando nuora di Laura.
Gli anni della formazione: come donna, insegnante, come madre, infine come animatrice di burattini: devo dire che è stata una bella avventura. I caratteri di questa famiglia ti lasciano un segno: in tutti la voglia di giocare, il vivere in un mondo integrale, talvolta integralista, era contagiosa e sia che si occupassero di astrologia, di fisica o di spettacoli e cabaret o teatro di burattini, lo facevano e lo fanno in modo totalizzante, creativo, approfondito e fantasioso.
Erano e sono nel flusso del loro gioco, che poteva essere ed è un lavoro di qualsiasi tipo.
In quanto a “vivacità”, non si scherzava nemmeno a casa mia: decisamente, non venivo da una famiglia-tipo fiorentina anni ‘60: avevo vissuto in Africa dove avrebbero sempre vissuto mio padre e mia nonna, svolto gli studi in Italia dove abitavo con mia madre… pianista-piantatrice di caffè.
Dopo i miei studi linguistici al liceo, mi sono laureata in Lingua e Letteratura Francese.
Studi di lingue, ma soprattutto linguaggi: letteratura, teatro, opera, cinema.
Incontri felici, con grandi professori “visionniares”: Paule Darier, Fernando Rosselli, al liceo; Mario Matucci, all’Università.
Tornando alla famiglia Poli, i cui usi e costumi si sarebbero riverberati su quelli della famiglia che mi ero costruita, alla base di tutto c’era un baule di stoffe/stracci e oggetti a cui dare vita per mascherarsi e un teatro di burattini.
Il primo era stata un’istituzione in casa Poli e lo sarebbe stato in casa mia: i miei figli avrebbero vissuto e veduto continui spettacoli, scenette, barzellette che la loro nonna Laura si divertiva a mettere in scena divertendosi come e più di loro. Faceva l’attrice, faceva la cabarettista, brillante e raffinata, difficile far ridere per una donna, all’epoca, ma, ERA soprattutto un’incomparabile burattinaia: il Teatro dei Pupi di Stac, centro nevralgico dell’attività teatrale all’inizio delle carriere dei Poli, era stato per lei l’eredità di un galante signore, tal Staccioli, ferroviere, che lo aveva creato nel ’58. Paolo ci aveva cominciato a lavorare, poi andò a Roma e iniziò Laura.
Mi entrò nel sangue: assistere a quegli spettacoli, per anni vedere quei pezzi di bravura da vera e propria commedia dell’arte, riuscire a creare quel filo diretto con i bambini, pubblico autentico, generoso e spietato, di cui lei calamitava l’attenzione uno ad uno, chiamandoli per nome, dopo averli studiati in segreto….è stata una scuola di vita. Non mi ha mai insegnato nulla, talvolta non l’ho amata per questo, non capivo il perché, invece aveva ragione lei, anche questa volta aveva ragione lei, quella è un’arte che non si trasmette, si ruba. Non si deve fare, si deve essere. E se si può insegnare a fare, una persona può solo imparare ad essere. E lo deve volere fortemente, e ci deve essere in lei una molla che glielo fa scattare in modo perentorio, che si impossessa di lei, vero dàimōn che dia vita e più di quello, essenza pura.
Quasi assurdo, parlare con questi termini di un’arte così povera, cosa c’è di più innocente e semplice del teatro dei burattini? Ma tutti noi sappiamo quanto la più semplice semplicità sia un fatto di irraggiungibile difficoltà.
E così ho animato tanti burattini: ho dato anima, voce, movimento a questi personaggi per i quali io ero solo un mezzo per essere, trovare anima, voce e movimento.
Giovannin senza Paura, uno di loro, vinse anche un ambito premio a Praga, parlando quattro lingue in uno spettacolo, del resto la giuria proveniva da tutta Europa, come conquistarla altrimenti?
Era la sintesi: lingue, linguacce e burattini.
Tutto iniziò dall ’89, circa, quando mia suocera si ammalò; poco dopo, mancò.
A suo figlio, Enrico Spinelli, attuale titolare dei “Pupi di Stac”, devo molto, rispetto a quanto in quel contesto si poteva imparare a “fare”.
Questo per molti anni, l’ultimo spettacolo: Pinocchio. Poi, silenzio.
E da questo silenzio, oggi, una vecchietta fa le smorfie, un cane, una voce… è di nuovo Pinocchio, e questo è tutto.